venerdì 26 ottobre 2012

Besenello e Calliano, un nuovo cammino pastorale tra le previste difficoltà e le molte opportunità



S.Agata
S.Lorenzo












Besenello e Calliano,
un nuovo cammino pastorale
tra le previste difficoltà e le molte opportunità

Mi è stato chiesto di tracciare una riflessione in merito alla nuova esperienza che le nostre comunità cristiane di Calliano e Besenello stanno vivendo in questo periodo, dovuta all'unificazione della guida pastorale, obbligata peraltro da motivi molto contingenti.
Lungi da me voler  esprimere un ragionamento compiuto ed esaustivo su un cammino appena intrapreso, da sempre visto più sotto il suo aspetto problematico che per le potenzialità di crescita per le nostre due comunità parrocchiali. Il momento dell'unificazione è giunto ed improvvisamente le  remore e i  pregiudizi che ci hanno accompagnato in questi anni, sono lì a dimostrare la loro inconsistenza, per lasciare spazio a nuove forme di collaborazione e di scambio, ancora tutte da inventare ma che poggiano già su una buona base di partenza, sia in termini di risorse umane che di organizzazione pastorale.
I due campanili si sormontano per poter garantire una vista dall'alto ancora a più largo raggio, come deve essere oggi per le nostre comunità cristiane chiamate ad aperture mai sperimentate sino ad ora, in seguito ai repentini cambiamenti sociali che stanno modificando nel profondo la stessa struttura e l' identità dei nostri paesi; dove il dato della appartenenza territoriale, nativa, che faceva riferimento alla tradizionale comunità di sangue e di suolo, diventa secondario rispetto alle necessità  di un nuovo modello di  convivenza che riconosce l'identità come un bene mobile, dentro una relazione viva, un nuovo modo di stare insieme, con la consapevolezza che nulla del dolore, della speranza, dei bisogni e delle gioie dell'altro, può essere considerato come qualcosa che non appartiene a tutti.
In quanto cristiani dobbiamo contribuire anche noi a costruire questa “comunità di destino”, come la chiama  il sociologo Aldo Bonomi, senza paure e timori reverenziali. La Provvidenza ci ha messo in mano questo strumento dell'Unità Pastorale per fare esperienza di una fraternità più allargata: una sfida che, se sappiamo coglierla,  produrrà certamente sorprendenti frutti spirituali.
A noi l'impegno di offrire il valore aggiunto della nostra esperienza di fede, che guarda al modello  delle prime comunità cristiane come insostituibile riferimento evangelico. Certo, non è facile aggiornare e declinare un simile ideale nei giorni convulsi della nostra storia. 
Qui mi viene in aiuto il buon don Dante Clauser che nel suo libro “Il Vangelo di Matteo – pensieri di un prete di strada” ci esorta dicendoci che le motivazioni per continuare ad essere cristiani “nella luce” possono essere molteplici ma possono essere riassunte in due parole: avere Fede!
Due sono gli atteggiamenti che possono minare tali motivazioni: la paura e la superficialità.
In questo caso la paura è quella di rischiare. Siccome la fede non può poggiarsi su criteri filosofici, sentiamo mancarci il terreno sotto ai piedi…ed allora ci appoggiamo alle verità proclamate, ad un codice ufficiale di fronte al quale la figura di Gesù Risorto viene sfumata, tende quasi a scomparire. Mentre da un semplice cristiano dovrebbe trasparire un rapporto aperto e solare con i fratelli e le sorelle al di là dei confini fisici e psicologici che più o meno volontariamente limitano il nostro rapporto con il prossimo.
Il secondo ostacolo è quello della superficialità… Spesso l’ascolto o la lettura della parola di Dio (in primis nel sottoscritto) scivola via nella nostra coscienza come acqua sul marmo, non lasciando traccia alcuna. Dimentichiamo spesso che le letture rimangono canale privilegiato attraverso il quale Gesù ci parla indicandoci la retta via, spronandoci all’annuncio del Regno di Dio in modo incondizionato. Attraverso il racconto della morte e risurrezione del Cristo siamo invitati a rivestirci di nuova luce a perenne testimonianza della bellezza di essere cristiani.
Anche in questo cammino di condivisione, che ci vede protagonisti da un po’ di mesi, occorre essere pietre vive di una chiesa che è innanzitutto universale ed ha al suo interno una connaturale tensione missionaria.
Per questo le nostre comunità cristiane saranno fedeli al Vangelo nella misura in cui,  mentre accetteranno nei fatti di non coincidere con le comunità civili, non si ridurranno a comunità “chiuse”, mantenendo invece una strutturale apertura ed un naturale interessamento a tutti gli aspetti, problematiche, proposte e riflessioni provenienti da entrambe le comunità.
Si può quindi immaginare, per il prossimo futuro, che ci si debba organizzare perché esista all’interno di ogni singola comunità cristiana un ‘nucleo caldo’: un gruppo di persone, cioè, che abbiano la volontà e avvertano la necessità  di fare un cammino di fede adulto e serio, aperto ai cambiamenti in atto; tenendo presente chi fatica a comprendere queste  nuove dinamiche che investono non solo la sfera religiosa ma anche quella culturale e sociale.
Sempre don Dante ci ricorda un vecchio adagio: “agire come se tutto dipendesse da noi, ma pensare e pregare come se tutto dipendesse da Dio…”. Si tratta di un buon consiglio.
Romano Panizza

dal periodico parrocchiale interparrocchiale di Calliano e Besenello di aprile 2012

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