Chi solo oggi scopre le vicende tragiche e dolorose dell’esodo
giuliano-dalmata, può pensare che si tratti , tutto sommato, di acqua
passata. Invece quella storia di dolore e di esilio non è ancora
terminata o almeno si è solo sopita negli oltre sessant’anni ormai
passati. Nove anni fa lo Stato con la legge n°92 del 30 marzo
2004 ha deciso di rendere onore alla memoria. «Finalmente la memoria del
nostro dolore e della tragedia delle foibe avvolta in un dignitoso
silenzio e conosciuta solo dai cuori di coloro che l’hanno vissuta,
ottiene il legittimo riconoscimento dello Stato e della comunità
internazionale, ma è troppo tardi -commenta commossa Dorina
Fachin,79anni, un esule istriana che non nasconde l’emozione nel
ricordare quei tragici momenti della sua gioventù-avevo appena vent’anni
quando mia mamma ci portò via dal mio paese. Ormai non potevamo più
stare se volevamo vivere. Ma soprattutto se volevamo rimanere italiani».
Un esodo e una piaga per oltre 350mila italiani vissuta tra la fine
della seconda guerra mondiale e l’immediato dopoguerra. «Avevo appena 8
anni quando siamo andati via dalla Dalmazia-spiega Bruna Fiorentini 68
anni-ma ero una bambina molto sveglia e soprattutto attenta ai discorsi
degli adulti nel quale percepivo il dramma dell’abbandono delle nostre
terre, ma soprattutto l’ansia dell’incertezza di ciò che ci attendeva
nella nostra patria dove però rientravamo senza alcunché dei nostri beni
lasciati in tutta fretta prima di finire nelle mani dei titini». Il
trattato di pace del 10 febbraio 1947 a Parigi stabilì l’annessione
dell’Istria e di parte della Dalmazia, con Zara, alla Jugoslavia. Ne
scaturì quindi un esodo senza precedenti da quelle terre. Gli italiani
furono costretti ad abbandonare “tutto e subito”, rischio una incerta
fine. Vennero dunque lasciati in fretta e furia, case,terreni, attività
commerciali, barche e ogni bene privato immaginabile nella speranza un
giorno di ritornare o quanto meno in rientrare in possesso di quanto
abbandonato. Ma l’Italia era nazione sconfitta e doveva pagare i danni
di guerra ai vincitori. Il governo dunque pago i danni alla Jugoslavia
cedendo a Tito tutti i beni abbandonati dagli italiani.
«Sono passati quasi sessant’anni-continua la signora Fiorentini-nel
frattempo però noi abbiamo alzato gli occhi e cercando di dimenticare i
nostri drammi abbiamo ripreso a vivere e a costruirci una nuova vita.
Una nuova vita da italiani, più di prima, ma probabilmente senza un
luogo d’origine, esuli in patria, ma con l’orgoglio di essere ancora
italiani anche se in più di una occasione quasi respinti dagli stessi
connazionali»
Oggi con la Giornata del Ricordo, la memoria diventa patrimonio storico
culturale di tutti come altre miserie umane. Ma si è arrivati troppo
tardi e molti dei nostri non hanno potuto assaporare questa
soddisfazione legittima del ricordo». Ma quello che ancora la signora
Fiorentini vuole rimarcare è il dolore vissuto con dignità e serbato nel
silenzio, voluto in parte dalla politica. «Avete mai sentito di
proteste in piazza, tumulti-precisa- mai nulla la nostra gente ha sempre
preferito mantenere nel proprio cuore e con dignità il proprio dramma».
Alla domanda infine su un eventuale ritorno nei paesi abbandonati, la
risposta è da parte di tutti certamente no. «Ormai la nostra vita è
qui. Qui stiamo bene anche se nel ricordo nostalgico della nostra
terra. Li però è tutto cambiato. Non c’è più la nostra gente e
ritornarci non avrebbe più senso».
Nessun commento:
Posta un commento