- …un nuovo ignobile atto di vandalismo ha profanato lunedì un luogo di culto cristiano a Gerusalemme, dove sconosciuti hanno lanciato pietre, bottiglie e spazzatura contro la chiesa ortodossa di San Giorgio…
- …bruciata la porta principale del monastero trappista di Latroun. Scritte offensive sulla fede cristiana. Forse una vendetta per lo sgombero di un insediamento illegale di coloni israeliani. La denuncia dei patriarchi e dei vescovi cattolici: I cristiani come capro espiatorio…
- …con una lettera al presidente israeliano, padre Pierbattista Pizzaballa ha chiesto di fermare gli atti vandalici contro le chiese. L’appello del Custode di Terra Santa giunge dopo la serie di scritte incivili ritrovate sulla chiesa battista di Narkis Street…
- …“Noi abbiamo ucciso Gesù” e “Fuori i cristiani”. Gli estremisti hanno urinato sulla porta, un gesto divenuto quasi quotidiano. Il legame fra le scritte e le dichiarazioni di un vice-ministro israeliano secondo il quale il Vaticano reclama la sovranità sul Monte Sion…
- …il cristiano 55enne Younas Masih è morto, dopo giorni di agonia. Il 31 gennaio 2013 un uomo armato lo ha fermato mentre rientrava dal lavoro e gli ha sparato cinque colpi. Di recente un gruppo di colleghi lo minacciava, intimandogli di abbracciare la fede di Maometto…
Queste
solo alcune delle gravi notizie provenienti dalla comunità cristiana in Terra
Santa, il lembo di terra compreso tra i confini naturali che vanno dal fiume
Giordano al mare Mediterraneo. Un luogo ricco di storia, di bellezza e di
sofferenza. Sorgente della fede di miliardi di persone: terra promessa per gli
ebrei, luogo della nascita e della vita di Cristo, paese dove Maometto è asceso
al cielo. Qui gli arabi cristiani sono una minoranza nella minoranza,
schiacciati da una maggioranza composta da ebrei israeliani e da musulmani.
Poco
meno di duecentomila, circa il 2% dell’intera popolazione, tra Israele e
Cisgiordania. Sono i dati dei cattolici in Terra Santa. Numeri che fanno
riflettere, calati vertiginosamente dal 1948 fino ad oggi. È il risultato di un
conflitto drammatico, che al momento non trova una via d’uscita.
L’esodo
costante ha visto i cristiani arabi abbandonare progressivamente le loro case
nel corso degli anni e trova nella situazione attuale una serie di
problematiche che rendono il futuro sempre più incerto. La discriminazione, il
problema delle case, il lavoro ridotto ulteriormente dopo la costruzione del
muro che divide i due popoli, i salari – quando ci sono – che non permettono di
vivere in condizioni dignitose: tutti questi fattori hanno portato nel corso di
pochi anni ad una drastica diminuzione della presenza cristiana in Terra Santa,
dal 25% per cento del 1840 al 2% di oggi.
Secondo
recenti studi il 30% dei giovani vorrebbe abbandonare il Paese e i matrimoni
delle giovani coppie cristiane si attestano in media a sei o sette l’anno.
Questo è il risultato di un conflitto che ha lacerato un paese. Nessuno rimane
escluso, e spesso anche le vicende più normali della vita devono scontrarsi con
ostacoli inimmaginabili. Sono storie di una quotidianità desolante e per certi
versi paradossale. Eppure è la quotidianità che i cristiani locali affrontano
ogni giorno. Un popolo a volte triste, ma mai disperato.
L’Anno
della Fede, di cui abbiamo ampiamente parlato nel numero scorso del nostro
notiziario, paradossalmente e con grande coraggio vale ancor più per questo
popolo cristiano custode del lembo di terra “dell’incarnazione di Dio”. Accanto alle nostre riflessioni di
cristiani, maggioranza “tranquilla”
nella nostra cara Europa, si inseriscono giustamente le riflessioni che nascono
dalla lettura della situazione dei cristiani in Terra Santa.
Queste
ultime non debbono essere riflessioni di sterile pietismo ma la lettura
obiettiva di una situazione che ci fa comprendere come essere cristiani sia per
certi versi un “dono” nella consapevolezza che tale dono può avere drammatiche
conseguenze per le quali il Signore ci ricorda “Beati voi quando vi insulteranno, vi
perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa
mia” (Mt 5, 10)
«La nostra terra, forse più di ogni
altra, - scrivono i capi delle
comunità cattoliche in Terra Santa - è
chiamata ad irradiare la fede. Milioni di persone vengono qui a rinnovare la
loro fede visitando i Luoghi Santi. Eppure noi, le "pietre vive" di
questa Terra Santa, chiamati ad essere custodi dei Luoghi Santi e ad animarli
con le nostre preghiere e suppliche, con la diversità dei nostri riti e con la
fedeltà della nostra continua bimillenaria testimonianza, siamo chiamati ad
essere in un modo esemplare "popolo di fede". L’Anno della Fede è
un’opportunità benedetta per riflettere su come noi, sia come singoli credenti
che come Chiesa, possiamo essere "segno vivo della presenza del Signore
risorto" in questa terra e nel mondo»…. Il mondo intorno a noi a volte appare molto minaccioso. Per quanto
riguarda la fede, cerchiamo di coltivarla, la nostra sfida più grande è la
disperazione. È in questo contesto specifico, con tutte le sue non comuni
sfide, che dobbiamo concepire in modo creativo e profetico una
"nuova" evangelizzazione. Le
nostre chiese non devono diventare ghetti chiusi dove ci separiamo dal mondo
minaccioso che ci circonda, ma piuttosto centri pulsanti di vita, di attività e
di celebrazione».
A noi aprire gli
occhi su realtà così lontane da noi per poter apprezzare e condividere con “il sorriso dell’anima” la nostra
fede…prendiamo spunto da queste riflessioni per osservare ciò che di positivo
stiamo vivendo all’interno delle nostre piccole comunità e riuscire a
manifestare appieno la nostra fede all’interno di un tessuto sociale favorevole
ed il più delle volte minato esclusivamente dalla nostra “pigrizia” alla quale il Signore ci chiama alla nostra vocazione di
“pietre vive”.
Dice un aforisma del filosofo cattolico Hans Hoerderlin: “Iddio
non ci chiede di abbattere l’albero, ma di farci trovare con l’ascia in mano.”
Concludo con una breve testimonianza di una suora che fa la missionaria a Gaza: “Potrei
lamentarmi, potrei dire che non resisto, che sto male e che non ce la faccio
più a subire tutte queste cose con il rischio quotidiano di morire. Riceverei
tanta solidarietà. Ma non importa, io vivo con Gesù risorto che mi è sempre vicino.
Non ho bisogno di altro».
Romano Panizza
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